7-13 aprile 2024. Nevica… già stanotte, nel buio, lo si capiva: i vetri del rifugio bordati di bianco, il grigiore nel buio, nessuna stella… ora è più o meno lo stesso, salvo il fatto che si intuisce l’alba in arrivo dal pallido chiarore a est, verso le Aiguilles Dorées. Un altro inizio coi fiocchi, letteralmente!
La giornata di ieri, la prima delle cinque necessarie per completare la Haute Route che da Chamonix ci porterà a Zermatt, tutto sommato non è stata male: il sole filtrava attraverso la spessa velatura dell’anticiclone africano colma di sabbia e dava alle Droites e alla Verte una sorta di aspetto drammatico, come di attesa di un qualche evento calamitoso. Solo a fine giornata attraversando il Glacier du Tour e poi quello del Trient qualche piccolo ficco ghiacciato cominciava a pungere in faccia, ma nulla di che. Poi la serata in rifugio è stata ottima, cena abbondante condita da quel po’ di apprensione che tutti si ha all’inizio delle “grandi” imprese, della serie “ce la farò?”

Verso il Col du Tour © Snowder
Partiamo dunque, secondo giorno, tocca scendere al Col des Ecandies per sciare giù lungo il vasto Vallon d’Arpette fino a Champex. Davanti al gruppo, ci vedo ben poco: per fortuna quella spanna di neve appena scesa accompagna i movimenti, facilita l’andare a tentoni fidandosi di ciò che senti sotto i piedi piuttosto che di ciò che passa attraverso le lenti della maschera gialla. E poi qualche provvidenziale paletto rosso compare ogni tanto nella nebbia e ci accompagna alle corde fisse di risalita al colle. Non male come prima sciata dai! Ramponi ai piedi, un centinaio di metri da risalire su facili roccette, poi di nuovo sci ai piedi nella nevicata che pian piano diventa pioggia e ci accompagna in riva al lago e alla provvidenziale calda panetteria bar per un tè, un caffè, una gateaux suisse.

Salita al Col des Ecandies © Snowder
La giornata impone riflessione, dato che la nevicata non accenna a mollare: quindi giunti a Fionnay telefona, senti il gestore, rivaluta le meteo, il bollettino valanghe. Abbandoniamo dunque il progetto di salire alla Cabane de Panossiere e il giorno seguente al Tournelon Blanc (ripido e a trovarlo carico della nuova neve imporrebbe una ritirata complessa) per sfruttare un taxi fino ad Arolla, piccolo quanto sperduto paesino sotto all’omonima Pigne.

Serata relax in hotel ad Arolla © Snowder

Dall’hotel si parte sci ai piedi direttamente verso le piste di Arolla © Snowder
Terzo giorno, prima giornata di cielo veramente azzurro: entusiasmo e gas già a colazione tra le mura del vecchio hotel che ci ospita e che ci regala le prime curve in neve fresca appena fuori dalla ski room: raggiungiamo gli impianti, sfruttiamo lo skilift “belle époque”, di quelli che se stai in piedi alla partenza sei certo che non cadrai mai più, e poi via: pelli di foca che scrocchiano sulla fredda neve fresca ed energia rinnovata nelle gambe. Causa la variante imposta dalla nevicata oggi la giornata sarà lunghetta ma ci permette di rientrare nella haute route classica, raggiungendo il Col de la Serpentine dopo aver scavalcato il roccioso Pas des Chevres e scendendo poi al Refuge de Chanrion. Ci troviamo dunque in quello che si potrebbe a ragion veduta definire il cuore della Chamonix-Zermatt, punto cruciale del percorso storico, di non facile accesso da qualsiasi parte si arrivi: la Cabane de Chanrion si trova veramente in un luogo perso tra le grandi montagne del Vallese: primo di tutti il Grand Combin, montagna severa e temibile che sovrasta da nord ovest questa conca alpina circondata da ghiacciai e cime imponenti.

Verso la Pigne d’Arolla © Snowder

Circumnavigando il Grand Combin © Snowder
Confortati dall’esser riusciti a rimetterci on the road in barba al maltempo, partiamo per la quarta tappa in un’alba fredda e strepitosa, fatta di azzurri e gialli e arancioni che ci accompagnano lungo il Glacier de Otemma: con i suoi dodici chilometri è il secondo ghiacciaio più lungo delle Alpi, preceduto solo dall’Aletschhorn in Oberland. Oggi tutto il gruppo è ben carburato, dunque raggiunto e superato il col de Chermotane molliamo un po’ di roba dagli zaini e così, leggeri e veloci, conquistiamo la Pigne d’Arolla. Pare incredibile che questa bella e semplice vetta piramidale sia stata in passato teatro di grandi incidenti scialpinistici! Ma tant’è, con il cielo azzurro è tutto semplice, poi se si chiude e prende a nevicare le cose cambiano e da facili possono diventare estreme in men che non si dica, orientarsi fino a uscirne può diventare complesso anche con moderni sistemi GPS… La Cabane des Vignettes ci accoglie con un notevole profumo di calze e toilette, ma poi si rivela confortevole seppur decisamente affollata: d’altro canto qui convergono un po’ tutti gli itinerari che da Chamonix e Verbier vanno a Zermatt, regalando un bel pot-pourri di nazionalità senza confini, da est a ovest.

Accoglienza alla Cabane des Vignettes © Snowder
Tappa dei quattro colli, quinto giorno di traversata, gran finale con arrivo a Zermatt! Da ragazzo mi ero studiato la haute route sul “Guide des raids a skis” di Pierre Merlin, regalatomi dall’amico Didier, grande viaggiatore e scialpinista purtroppo scomparso: il testo cita, letteralmente, “tappa chiave della Haute Route, con superamento di quattro colli”: la premessa intimorisce, tanto più che si tratta del quinto giorno! Ricordo ancora l’apprensione con la quale, da perfetti principianti dello scialpinismo, scendemmo il ripido pendio che riporta al Col de Chermotane per affrontare quasi di corsa il dolce pendio glaciale del Col de L’Eveque… Son passati tanti anni ma tutte le volte che ripasso alle Vignettes torno col pensiero a quei tempi in cui quel mondo di vette scintillanti come vele al sole era per me un universo inesplorato, e godo del fatto che oggi gli stessi sentimenti, le stesse sensazioni si appropriano quasi certamente di chi mi sta seguendo…

Tra i giganti del Vallese © Snowder
Passiamo il Col de l’Eveque, sciamo eleganti nella bella neve sfiorando appena il Col Collon, che si affaccia sulla profonda Valpelline italiana, e ripelliamo per salire poi ramponi ai piedi al col du Mont Brule. La Dent d’Herens è proprio li di fronte e il Cervino si intuisce appena dietro mentre alle nostre spalle, ormai lontano, il Monte Bianco… A guardarsi indietro si capisce l’unicità dello scialpinismo di traversata e il senso dello sci come mezzo di trasporto: un’esperienza di viaggio che offre la possibilità di entrare intimamente in un territorio, di sentirne profumi e puzze, di comprenderne la realtà.
La giornata è nuovamente splendida, dunque non ci si può accontentare del Col de Valpelline, ultimo dei quattro colli: saliamo in vetta alla omonima Tête de Valpelline per godere del grandioso panorama su una delle montagne più conosciute del pianeta, il Cervino.

Sullo sfondo Cervino e Dent d’Herens © Snowder
Di qui in poi è tutta discesa: il grande ghiacciaio di Tiefenmatten ci porta ai piedi della parete nord di Dent d’Herens e Matterhorn, per poi scivolare sino alle piste di Zermatt e alla conclusione del tour: gran finale con birretta, passeggiatina in ciabatte nel lusso patinato della capitale del turismo svizzero e cena a base di rosti… domani è ancora sugli sci, il Breithorn ci attende per una puntata a quota quattromila prima di rientrare.

Gran finale a Zermatt © Snowder